Approfondimento a Cura del Prof. Maurizio Buscarini
Accade spesso che nel corso di un’ecografia o una Tac effettuata per le ragioni più diverse, si scopra per caso la presenza di una o più cisti del rene (le cosiddette cisti renali).
La scoperta in genere causa preoccupazione, che il più delle volte, però, è ingiustificata.
Le cisti renali sono infatti molto frequenti nella popolazione, tanto che si stima che dopo i cinquant’anni, ne sia affetta circa una persona su tre.
Ne esistono di diversi tipi: quelle più comuni – le cosiddette cisti semplici – sono delle sacche di forma tondeggiante e dai contorni regolari contenenti un liquido molto simile all’urina. In genere sono di piccole dimensioni, da 0,5 a 3-4 centimetri, anche se possono diventare molto più grandi. Nella maggior parte dei casi sono situate all’estremità superiore o inferiore del rene e insorgono in età adulta.
Quasi mai le cisti semplici danno sintomi al paziente (ed è per questo che la diagnosi è quasi sempre casuale) né incidono sul corretto funzionamento del rene. Inoltre molto spesso sono del tutto benigne.
Non è chiaro come si formino le cisti renali: si sa che esistono dei fattori predisponenti, inoltre, potrebbero incidere alcuni fattori ambientali come il fumo, l’inquinamento atmosferico, l’esposizione prolungata a certe sostanze tossiche o l’abuso di alcune particolari tipologie di farmaci antidolorifici.
Un ruolo importante sembra giocare la genetica, soprattutto per alcune tipologie di cisti più complesse, che tuttavia insorgono precocemente tanto che possono essere già presenti alla nascita.
Queste particolari cisti rappresentano però delle patologie a sé stanti che hanno caratteristiche peculiari e possono mettere a repentaglio la funzionalità del rene.
Paura cancro
È il tumore lo spettro che aleggia quando si riceve una prima diagnosi di sospetta cisti renale. Una preoccupazione per l’immediato (che quella macchia sia già un tumore) e per il futuro (che quella che è stata identificata come una cisti possa progressivamente trasformarsi in un cancro).
In realtà, le cisti sono molto più frequenti del tumore del rene. E possiedono delle caratteristiche anatomiche che consentono di distinguerle nettamente dai tumori.
In genere, se la formazione ha contorni lisci, è circoscritta, non è alimentata da vasi sanguigni e ha un contenuto liquido si ha quasi la certezza che si tratti di una semplice cisti che ha complete caratteristiche di “benignità”. Per avere queste informazioni bastano esami molto comuni come l’ecografia o la Tac, mentre la biopsia spesso può risultare inaccurata.
In questi casi, non è necessario assumere farmaci né sottoporsi a interventi chirurgici. Basta eseguire controlli periodici – generalmente ogni anno in una prima fase e a cadenze più lunghe in una seconda – per verificare se la cisti tende a crescere o cambiare le proprie caratteristiche.
Tuttavia, le caratteristiche delle cisti non sono sempre così nette. In alcuni casi, per esempio, i contorni sono poco regolari, oppure il contenuto non è del tutto liquido. Quanto più queste anomalie sono numerose tanto più la cisti renale sarà simile a un tumore. Per questa ragione, a seconda del numero di queste anomalie è possibile collocare le cisti in una scala che va da 1 a 4 e che le caratterizza per un progressivo grado di “malignità”.
Oggi non è noto cosa faccia sì che una cisti semplice acquisisca caratteristiche tumorali. Quel che è certo è che alcune cisti non subiscono mai questa trasformazione rimanendo innocue per tutta la vita del paziente, mentre altre si trasformano molto rapidamente.
Quando è meglio rimuovere le cisti renali
In ogni caso, per le cisti che si collocano nei gradini più alti della scala – 3 e 4 – è necessario intervenire chirurgicamente per rimuoverle.
L’opzione preferita è la chirurgia laparoscopica, un intervento mini-invasivo in cui strumenti chirurgici miniaturizzati vengono inseriti attraverso piccoli fori praticati sull’addome. Ulteriori vantaggi si ottengono con la chirurgia robotica che abbina alla scarsa invasività della chirurgia laparoscopica, la precisione e la destrezza di robot-chirurghi a elevatissimo tasso tecnologico.
Il robot “da Vinci” per esempio, è un sistema guidato a distanza e costituito da quattro bracci su cui sono applicati una telecamera e strumenti chirurgici mini-invasivi che vengono introdotti nel corpo del paziente attraverso incisioni di pochi centimetri.
Il chirurgo, che osserva le immagini ad alta risoluzione acquisite dalla telecamera, guida il dispositivo da una consolle e, attraverso un sofisticato software di elaborazione dati, i movimenti delle sue mani vengono “tradotti” in movimenti estremamente precisi degli strumenti chirurgici.
Grazie a questa maggiore capacità di visione del campo chirurgico e all’estrema precisione dei movimenti, l’intervento in chirurgia robotica consente di ottenere risultati migliori sia della tradizionale chirurgia a cielo aperto sia della chirurgia laparoscopica, comportando minori rischi di sanguinamenti e infezioni e tempi di recupero più rapidi per il paziente.