Immaginate di dover centrare un bersaglio ma di non sapere esattamente dove sia il centro o, peggio, di aver dimenticato a casa gli occhiali; ecco, la biopsia prostatica fusion (o biopsia in fusione di immagini) fornisce all’urologo la traiettoria precisa che la sua freccia – cioè l’ago – dovrà compiere per colpire esattamente il bersaglio, vale a dire le aree sospette per tumore della prostata. Ma chi e perché dovrebbe sottoporsi ad una biopsia prostatica fusion?
Tumore della prostata: come si arriva alla diagnosi
È la neoplasia maschile più frequente nel mondo occidentale, con un’incidenza sulla popolazione italiana del 18%. Il tumore della prostata, o meglio, i tumori della prostata non sono tutti uguali. Alcuni si presentano con sintomi più o meno importanti (quali, ad esempio, sangue nelle urine o nella sperma, difficoltà nell’erezione, dolore durante l’eiaculazione, ritenzione urinaria acuta o cronica); altri invece sono silenti (soprattutto nelle fasi iniziali) e vengono, in genere, diagnosticati attraverso gli screening di routine: l’esame del PSA (Antigene Prostatico Specifico) e la visita urologica. Ecco perché è così importante sottoporsi a controlli urologici periodici.
Un PSA elevato e l’esplorazione digito-rettale possono, dunque, dar adito ai primi sospetti. A questo punto l’urologo prescrive al paziente esami più approfonditi tra cui una risonanza magnetica multi-parametrica della prostata. Qualora quest’ultima abbia evidenziato un’area sospetta per tumore della prostata, ecco che allora l’urologo può indirizzare il paziente verso la biopsia fusion.
La diagnosi del tumore della prostata: dalla biopsia tradizionale alla biopsia prostatica fusion
Fare una corretta diagnosi del tumore alla prostata non è sempre facile. Ma, d’altro canto, è particolarmente importante che l’urologo riesca a identificare quanto più precocemente possibile il tumore, individuandone lo stadio e il livello di aggressività; questo perché l’eventuale percorso terapeutico viene, oggi, cucito addosso al paziente in modo quasi sartoriale, grazie alle molteplici metodologie d’intervento possibili. Le nuove tecnologie sono, in questo senso, un valido aiuto per l’urologo e il suo paziente e, tra queste, c’è anche la biopsia prostatica in fusione di immagini.
La biopsia prostatica fusion è una tecnica diagnostica di ultima generazione, che consente all’urologo di fare una diagnosi accurata e precoce del tumore della prostata. Si tratta di una metodica innovativa, che si svolge nella stessa maniera di una biopsia tradizionale, con il vantaggio di utilizzare un software più sofisticato. Questo macchinario “speciale” sovrappone le immagini della risonanza magnetica multiparametrica con quelle dell’ecografia al momento della procedura, consentendo di realizzare una mappa tridimensionale dell’area target, utile a ricostruire con precisione la localizzazione del tumore.
Quali sono i vantaggi della biopsia prostatica fusion?
Mentre con la biopsia tradizionale è necessario effettuare molteplici prelievi per cercare di campionare tutta la prostata e colpire il tumore, tramite la biopsia prostatica con tecnica fusion l’urologo ha a disposizione una mappa tridimensionale della zona target. Di conseguenza, i prelievi sono mirati e il numero di quelli “a campione” si riduce di circa la metà.
Con la biopsia fusion si evitano, dunque, biopsie inefficaci e falsi negativi, dovuti a prelievi bioptici non mirati; questo può avvenire, ad esempio, quando il tumore è di dimensioni estremamente ridotte e l’ago non riesce a colpirlo.
Biopsia prostatica fusion: come si esegue?
Si tratta di una tecnica diagnostica che viene effettuato in anestesia locale (ma, per chi ne fa richiesta, può avvenire anche sotto sedazione con un ricovero day hospital): ha una durata di meno di 30 minuti, consentendo al paziente di tornare a casa non appena concluso l’esame. Questa metodica prevede, dunque, l’utilizzo di un macchinario “speciale” che, grazie al CD della risonanza, mette in evidenza le zone target della prostata tridimensionalmente e che, sfruttando un software innovativo, è in grado di individuare al millimetro quale sia la giusta traiettoria da far compiere all’ago per centrare in maniera precisa le aree sospette.
Biopsia prostata fusion: dove farla a Roma?
Per effettuare una biopsia fusion a Roma, è necessario affidarsi a uno specialista in urologia con lunga esperienza e molta pratica sul campo: uno di questi è il prof. Maurizio Buscarini, diventato direttore del reparto di urologia robotica nella clinica di Nuova Villa Claudia, dopo una lunga esperienza di lavoro e studio negli Stati Uniti, dove svolge il prestigioso ruolo di direttore della chirurgia oncologica e robotica alla University of Tennessee.
Per sottoporsi alla biopsia prostatica fusion con il prof. Buscarini, si può prendere appuntamento presso una delle due cliniche in cui opera, Nuova Villa Claudia e Salvator Mundi Hospital.
Per ulteriori approfondimenti sul tema, leggi qui le risposte alle domande più frequenti sulla prostata.
